“In this work, I returned my creations to the necessity of deconstructing what I had previously accomplished: glass, imprisoned within metal cages, needed to escape. Thus, Floras and Faunas were born, already possessed of the status of free creatures, each with a life of its own”, says Lorenzo Passi, when he speaks about his 2017 series, presented in two monographic exhibitions in Beijing and Venice.
His statements comes with a smile, as if to underscore the set of properties contained, almost enforced, by the term “life” when applied to a vision of nature as represented in his sculpture. In Floras and Faunas, the relationship with nature becomes a territory to be explored. Through human perception, the artist investigates its evolution, in an attempt to transcend, by integrating novel means in the process, the border between visual and acoustic art.
The threads of space and time unwind slowly and gradually around these asymmetric beings, all the while asserting new characters, beginning with the exaltation of the plasticity of volume, an early enquiry of which, in its empty and full spaces by means of the presence-absence of light, may already be seen in his solo Kosmos, 2017.
In today’s Resounding Evolutions, the site-specific installation designed for CreArte Studio, the feeling that those creations are continuing to mutate becomes fact. “This is the poetics of putting oneself out there”, says Passi, “a story that develops around every single work”. And the narrative goes on, and unravels into the transcendence of inorganic matter, i.e. glass, into a perceptive body that is manifested in sound. A language of sorts, erupting from an inner onset from the depths of Floras and Faunas.
Through the demiurgic hand of the public, life is infused, when the surface of Faunas is brought into contact with an audio exciter, a compact device that exploits the proximity with the “flesh” of the sculptures to diffuse an ambient sound. The visitor is encouraged to interact with them: pick up the exciter and explore how sound is generated when it comes into contact with the artwork.
Contact reveals the Faunas’ voice, their character. At the same time the visitor experiences an acoustic, elastic, and expansible epiphany, to be contemplated frontally in order to apprehend the transfiguration of the pieces. Its evolution by means of sound breaks down the supremacy of the visual
element: beyond sight, sound arises, primus inter pares. The multidimensionality, which the visitor is exposed to and stimulated by, allows one to detect an aesthetic extension, an expansion of our sense-cognition of the sculpture-body. From it stems an ephemeral emission of sequential tones that, mediated by the visitor’s manipulations of sound, run through the “skin” and the “pleats” of the blown glasswork. The emerging interaction between human gesture and sound-presence in Fauna becomes a narrative within a conversation consisting of expectations, reminiscences, stimuli, questions and answers – oft times, also disregarded ones.
Hanging from the vaulted ceiling are two Fauna-creatures: they are meant to be looked at, touched, listened to, as they communicate in a dialogue with the surrounding population, where the other pieces of the series are located.
On the pavement, other Faunas are strewn, free compositions that break through the structure’s border and abandon inanimate shells on the ground, the remnants of a vitreous volume already projected into space. Their status of constant transformation is once again manifested: unconcerned, they indulge like broken records: they mark the tempo, and in a meditative albeit naive manner, they sing out their presence. Sound, coming from a small loudspeaker placed at the mouth of the two pieces, is amplified in the cavities of their innards, as they act as sounding boards and acoustic trumpets.
Faunas are a symphony of languages that chirp, boil, croak, sputter, buzz, scratch, screech, and rumble, landscaped in their being explosively dotted with Floras. These latter contain a hint of disorder within themselves, as one finds in the shapes assumed by living, unpredictable matter. Exalted by carefully planned luminescences, the clear crystal of Floras shines in its cold transparency and congeals into traces that echo Esplosioni (1957) and the 1958-1959 contiguous series Informel by artist-designer Vinicio Vianello.
Passi’s metamorphic experimentation becomes an arena for visitor experience. An “environment” wherein one floats in the primordial magma of visual and acoustic stimuli – the causes by which these arise, though indeterminate, may be identified in naught but life itself.
Aloisia Marzotto Caotorta with Stefano Delle Monache
“In questo mio lavoro ho restituito alle creazioni la necessità di decostruire quello che avevo fatto fin ora: il vetro imprigionato nelle gabbie metalliche aveva bisogno di uscire; è così che le Flore e le Faune sono nate, già con lo status di creature libere, con una loro vita” racconta Lorenzo Passi riferendosi alla serie eseguita nel 2017, e presentata nelle monografiche di Venezia e Pechino.
L’artista sorride, quasi a voler sottolineare il complesso delle proprietà racchiuse, quasi imposte, dal sostantivo “vita”, se applicato a una visione della natura rappresentata dalle sue sculture.
Nelle Flore e Faune, il rapporto con essa costituisce un territorio d’esplorazione di cui egli indaga, attraverso le percezioni umane, l’evoluzione nel tentativo di superare, integrando nuovi mezzi, il confine tra arte visiva e arte acustica.
Lentamente, gradualmente, si srotola il filo dello spazio e del tempo attorno a questi esseri asimmetrici con l’affermazione di nuovi caratteri; dapprima attraverso l’esaltazione del volume plastico, investigato nei suoi vuoti e pieni dalla presenza-assenza della luce (“Kosmos”, 2017).
Oggi, in “Evoluzioni sonore” – il titolo dell’installazione site-specific per CreArte Studio – la sensazione che queste creazioni continuino a mutare si fa certezza: “È la poetica del mettersi in gioco” commenta Passi “una storia che si sviluppa intorno a ciascuna opera”; e la narrazione prosegue dipanandosi nella trascendenza della materia inorganica, il vetro, in corpo percettivo che si manifesta nel suono, una sorta di linguaggio che si sprigiona per insorgenza interna dal profondo delle Flore e delle Faune.
È la mano-demiurgo del pubblico a infondere vita nel momento in cui la superficie delle Faune entra a contatto con un eccitatore acustico, dispositivo compatto che sfrutta l’accostamento alla “carne” delle sculture per la diffusione del suono. Al visitatore viene chiesto di interagire con esse, di prendere in mano l’eccitatore acustico ed esplorare la generazione del suono appoggiandolo sulle opere.
Il tocco svela la voce della Fauna, palesandone il carattere; contemporaneamente, nel visitatore, si compie un’epifania acustica elastica e dilatabile, che esige una frontalità contemplativa per vivere la trasfigurazione delle opere. Il loro evolversi attraverso il suono produce uno sfondamento dal dominio assoluto dell’elemento visivo: oltre allo sguardo
assurge, primus inter pares, l’udito. La plurisensorialità a cui è sollecitata la persona consente il rilevamento di un’estensione estetica, un ampliamento della conoscenza sensibile del corpus scultoreo. Ne nasce un’effimera emissione di registri timbrici sequenziali che, mediati dalla manipolazione sonora del visitatore, percorrono la “pelle” e le “pieghe” del vetro soffiato. L’interazione emergente tra il gesto dell’uomo e la presenza sonante della Fauna si fa racconto, in una conversazione fatta di aspettative, richiami, sospensioni, sollecitazioni, interrogazioni e risposte anche disattese.
Appese alla volta a botte, due Faune sono creature da guardare, toccare e ascoltare, che dialogano con la popolazione circostante, nei punti dove sono collocati i pezzi della serie.
Sparse al suolo, altre Faune si articolano in composizioni libere, che rompono il confine della struttura e lasciano a terra gusci inanimati, superstiti della ribellione del volume vitreo già proiettato nello spazio. La loro condizione di trasformazione incessante si manifesta ancora una volta e, incuranti, indulgono come dischi rotti; scandiscono il tempo, e in un fare meditabondo eppure sprovveduto, cantano la loro presenza. Il suono, emesso da un piccolo altoparlante posto all’imboccatura cava delle due sculture, viene amplificato nei vuoti delle pance, casse di risonanza e trombe acustiche.
Quello delle Faune è una polifonia di linguaggi che friniscono, ribollono, gracidano, scoppiettano, ronzano, grattano, stridono, rombano, un paesaggio che prende forma punteggiato dagli scoppi delle Flore. Queste ultime racchiudono in sé quel qualcosa di scomposto, che hanno le forme della materia viva e imprevedibile. Esaltato da luminescenze mirate, il cristallo delle Flore brilla nella sua fredda trasparenza e si solidifica in tracce che fanno eco alle Esplosioni del ’57 e alla serie contigua Informel (1958-1959) dell’artista-designer Vinicio Vianello.
Le sperimentazioni metamorfiche di Passi diventano terreno di esperienza per il visitatore, un “ambiente” in cui si fluttua immersi nel magma primordiale di stimoli visivi e sonori, che insorgono per causa imprecisata che non si può identificare se non con la vita stessa.
Aloisia Marzotto Caotorta con Stefano Delle Monache
